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6. L'industria olearia nel Seicento

La Valle Steria

.....6. L'industria olearia nel Seicento.

.....La caratata del 1643 finalmente ha fornito delle notizie precise anche sulla consistenza dei frantoi della valle. In realtà le prime indicazioni in merito, riferite però soltanto ai Faraldi, sono precedenti di qualche decennio. In quell'area nell'inverno del 1577-78 risultavano in attività 38 "gombaroli", dei quali 13 a Villa, 8 a Riva, 14 a Tovo, 3 a Tovetto e nessuno a Deglio.
.....I frantoi della parte inferiore della valle erano decisamente più numerosi. In un censimento del Cervo del 1612 ne sono stati registrati 105. Nel 1643 la situazione era mutata di poco, perché la caratata di quell'anno ne elenca 109. La loro distribuzione sul territorio era la seguente: 28 si trovavano nella Parrocchia di San Giovanni Battista del Castello del Cervo, 46 nella Parrocchia di San Bartolomeo, dei quali 8 nel borgo di San Bartolomeo, 13 alla Rovere e a Poiolo, 3 agli Steri, 6 nelle località Buffa, Richieri e Freschi e 16 a Pairola, e 35 nella parrocchia di San Giacomo di Chiappa, dei quali 33 nell'abitato principale e 1 ciascuno nelle località Vallone e Chiosi.

Frantoio del Seicento in piena attività, da un'antica stampa.

PROPRIETA'

NUM.

%

VALORE
COMPLESSIVO

%

VALORE
MEDIO

Case

426

79,63

45.805

74,63

108,52

Case con gombo

109

20,37

15.574

25,37

142,88

TOTALI GENERALI

535

100,00

61.379

100,00

114,73

A sinistra:
Caratata della Podesteria del Cervo del 1643.
Prospetto riassuntivo dei dati relativi al numero
e al valore dei fabbricati.

.....Nel censimento si trovano registrati anche 11 molini, tutti a funzionamento idraulico: 2 si trovavano alla Buffa, 2 al Vallone del Molino, 4 nel Vallone del Giazzo e 3 nel luogo detto "Della Oltra". I molini censiti nel 1612 erano 13, ma per due di loro è stato annotato che non disponevano di acqua a sufficienza per il corretto funzionamento. Probabilmente nel tempo intercorso tra i due rilevamenti essi sono stati abbandonati.
.....Per quanto concerne i frantoi, quelli elencati erano mossi dalla forza animale, i cosiddetti "gombi a sangue" o "gombetti da bestia", ed erano ubicati nei fondi della dimora del proprietario. Nel primo censimento essi sono stati definiti "edifitio ab oleo existente in eius domo"; nel secondo è stata usata una dicitura equivalente che recita "casa di abitatione con gombo". In questo documento in un solo caso si trova citato un "edificio da olio": si tratta dell'opificio sito in località Vallone, vicino alla Rocca, che apparteneva al Monastero di Sant'Agostino del Cervo e comprendeva anche una vasta "terra olivata, vineata e seminativa" adiacente; la possessione aveva un valore d'estimo complessivo di 6.000 lire, che costituisce la valutazione più elevata annotata nel registro e rappresenta un importo considerevole, se si pensa che il valore complessivo delle altre 109 case comprendenti i frantoi era di 17.574 lire e il dato medio era di 161 lire ciascuna. Questo oleificio era l'unica costruzione nata con tali funzioni.
.....Probabilmente si trattava anche una realizzazione recente, giacché gli Agostiniani si sono insediati nella Valle soltanto quarant'anni prima dell'epoca del censimento e il frantoio inoltre non è stato registrato nel rilevamento precedente del 1612. Esso era approvvigionato dell'acqua tramite un canale costruito appositamente; ma la quantità disponibile era scarsa, dovendo servire anche per l'irrigazione dei terreni della proprietà, pertanto ma non se ne usufruiva per far muovere le macine, che venivano spinte invece dagli animali, ed era riservata per le operazioni successive per le quali era indispensabile.

.....Gli Agostiniani possedevano un altro frantoio nei pressi del loro monastero, anch'esso alimentato tramite un canale, derivato in questo caso dal rio Bondai, e una vasca di accumulo che, come per il precedente, serviva sia per l'oleificio che per l'irrigazione del vasto podere circostante detto "della Duchessa". Lungo il percorso dello stesso canale si trovava anche il frantoio di proprietà dei fratelli Multedo, i quali però non potevano "servirsi di detta acqua in tempo che i RR. Padri haveranno da far macinare nel suo edifizio da oglio tanto le loro olive quanto quelle d'altri". Ciò denota una certa importanza dell'opificio degli Agostiniani, la cui attività evidentemente comprendeva anche la lavorazione delle olive dei contadini che non disponevano di un proprio frantoio.

.....Purtroppo non si è trovata traccia di catasti della Valle successivi a questi, se non negli ultimi anni del XVIII Secolo. Esistono però altre documentazioni utili per la ricostruzione della trasformazione del paesaggio agrario attuata nei tempi successivi, che peraltro ha continuato a identificarsi soprattutto con l'espansione delle colture olivicole.
.....La documentazione più esauriente in tal senso è quella relativa all'imposizione che impropriamente è stata definita "tassa dell'olio", un'imposizione il cui scopo primario in realtà era l'approvvigiona-
mento del prodotto necessario al fabbisogno della metropoli genovese e che prevedeva un prelievo proporzionale alle capacità produttive di ogni comunità, ripartito nell'ambito di queste in base alle capacità di ogni produttore, ovvero alle quantità vendute da ognuno di essi. L'olio veniva pagato ad un prezzo prestabilito dalla magistratura genovese preposta a tale ufficio.
.....Nel gennaio 1589 per la tassa dell'olio nella Podesteria del Cervo 158 persone hanno denunciato 581 barili; nel marzo 1594 i barili denunciati sono stati 438 e se ne sono inviati a Genova 182 e mezzo di olio nuovo e 9 di olio vecchio.

Il frantoio della località Vallone, vicino alla Rocca.

Tovo Faraldi, frantoio ''a sangue'', o ''gombetto da bestia'', ricavato nei fondi della casa di abitazione del proprietario.

Frantoio ''a sangue'' di Tovo Faraldi: 1 pila con mola e giogo, 2 pressa a torchio, 3 argano, 4 focolare, 5 cisterna per l'acqua, 6 stalla, 7 mangiatoia.

.....Quelle qui ricordate sono state annate povere, in cui la produzione non ha raggiunto il quinto di quelle piene. Lo si ricava dalle affermazioni di Antonio Ferraro, uno degli Anziani della Comunità, il quale in una sua relazione ha scritto che nell'intera podesteria "a una buona annata ne ha raccolto barili duemillia cinquecento e più, ma questo anno è cativo racolto" e con riferimento alla propria azienda che "son solito racogliere cinquanta et sessanta barili d'oleo, adesso ne ho racolto dieci incirca".
.....La denuncia dell'ottobre 1625 che si riferisce a un'annata piena fornisce dati molto più significativi. Il dichiarato da 99 individui, pari a 1/4 dei tassati, ammonta a 2.500 barili; in sei tra questi hanno denunciato 1.615 barili e sono stati 22 quelli che hanno denunciano oltre 20 barili a testa, per un computo complessivo corrispondente a circa l'85% del prodotto. E' una situazione molto simile a quella che trova nel febbraio 1645, quando 229 persone dichiarano 1.857 barili, dei quali 540 acquistati; qui coloro che vanno oltre i 20 barili sono 17, per una quantità complessiva di 672 barili dei quali 358 acquistati.
.....L'ultimo dato è rivelatore di una realtà al margine della speculazione, che trova conferma anche nei censimenti coevi dei contenitori d'olio, i "trogli" e le giare, dai quali si ricava che il decimo dei produttori più ricchi produceva il 20% del totale, mentre il decimo dei proprietari di contenitori ne possedeva il 50%.
.....Tali dati evidenziano una sperequazione produzione-commercio, che non implica però una netta distinzione tra le due attività, né la diminuzione del numero dei piccoli proprietari produttori o della loro capacità produttiva. Rivelano piuttosto che i piccoli tendevano a monetizzare immediatamente il frutto del loro lavoro spinti dal timore di congiunture sfavorevoli, cedendo il prodotto a coloro che, avendone maggiori mezzi e la conoscenza dei canali commerciali più convenienti, tendevano a monopolizzare il mercato locale e vi speculavano.

......................................... G. F.

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